...AND JUSTICE FOR ALL
METALLICA [1988], THRASH METAL. L'anno 1986 per i Metallica era stato un tornado di avvenimenti, un viaggio scavezzacollo attraverso un turbine di picchi positivi e altri terribilmente negativi: l'uscita del monumentale 'Master Of Puppets' aveva segnato l'apice della grandezza della band, certo, ma la morte incidentale di Cliff Burton aveva rischiato di mandare al diavolo tutta una carriera. I thrashers californiani però non demordono, ingaggiano Jason Newstead al basso e si risiedono attorno ad un tavolo per mettere ancora una volta la violenza in musica. Nasce così, dal dolore per la perdita di un caro amico, 'And Justice For All', immersione coraggiosa nel claustrofobico mondo della giustizia che mantiene le peculiarità cupe, potenti e devastanti tipiche dell'ensemble di San Francisco, a cavallo tra tracce di debordante thrash metal e altre impostate attorno ad un canovaccio di pesantissimo heavy classico. Un manifesto aperto che inneggia alla libertà e al rispetto dei diritti, denunciando la guerra e ogni altra subdola forma di veleno che ci viene quotidianamente somministrato. I ritmi battenti di 'Blackned', introdotta da un inizio lento melodico (come per le precedenti opener 'Fight Fire With Fire' e 'Battery'), aprono l'album sputando in faccia all'ascoltatore una storia terrificante, che parla della distruzione della Terra e della razza umana, e di una nuova era glaciale dovuta ad una guerra nucleare. E' uno dei pezzi più veloci della band, traccia di cui colpisce la grande maturazione di Lars Ulrich dietro le pelli: la tecnica e la robustezza batteristica soppiantano lo stile più grezzo e istintivo dei lavori precedenti, regalando un sound ancora più possente al disco. La lunghissima title track denuncia la corruzione del sistema giudiziario americano (e non solo), aprendosi su un arpeggio armonico prima di un crescendo di battiti che fanno "esplodere" la song nella parte centrale della strofa. Pur difettando lievemente nella qualità della registrazione, l'album si presenta alla storia come il più tecnico dei Metallica: i 4 cavalieri dimostrano di aver raggiunto una perizia compositiva-pratica di buon livello pur mantenendo livelli elevatissimi di aggressività e pesantezza del suono, e lo stesso Hetfield sfrutta la sua voce in modo più compatto e vario. Non sono in pochi a ritenerlo la prova migliore per il singer americano. 'Eye Of The Beholder' esamina la libertà di scelta, spesso censurata a favore delle scelte che gli altri ci fanno compiere: è una canzone molto sottovalutata, come molte altre del resto, in questo album che non sempre raccoglie i tributi che merita. Il ritmo funereo, cadenzato e tritacervelli, lascia presto spazio a 'One', uno dei capolavori immortali della band. Una ballata atroce che innesca, tra spari ed esplosioni, un ritmo malinconico che incalza nel finale: proprio come 'Fade To Black' e 'Sanitarium', le altre "lente" dei dischi precedenti (sempre collocate come traccia numero 4). 'One' parla di una storia vera, quella di un ragazzo americano partito per la II guerra mondiale come volontario ma rimasto cieco, muto e privo di tutti gli arti: costretto a vivere collegato ai macchinari e senza poter nemmeno chiedere che gli venga staccata la spina dell'ossigeno. 'One' è una delle canzoni più amate dai fan, e non manca praticamente mai nei concerti. Le frustate soffocanti di 'Shortest Straw' raccontano dell'ingiustizia subita Julius ed Ethel Rosenberg, condannati alla sedia elettrica con l'accusa di essere spie sovietiche solo perché simpatizzanti comunisti. Altro pezzo storico della band è l'ambigua 'Harvester Of Sorrow'. Un pezzo di interpretazione davvero ardua, visti i molteplici significati che vi ci si possono leggere. Alcuni pensano parli di un uomo che, drogato e alcolizzato, tortura i suoi cari prima di ucciderli; altri pensano si riferisca ad un rapporto difficile tra James e suo padre, mentre altri ancora parlano di una canzone incentrata su schiavitù, aborto e istigatori del male. Infine c'è chi pensa si tratti del genocidio degli ucraini ai tempi dell'URSS, quando i russi si appropiavano dei loro raccolti. La canzone si delinea truce e molto pesante, certamente non veloce: caratteristica questa di divere tracce di 'And Justice...', che infatti non è propriamente classificabile nel filone thrash ma in un più ampio contesto esclusivamente molto heavy. 'To Live Is To Die' è un'immensa composizione strumentale dedicata a Cliff Burton, di oltre dieci minuti di durata. Scritta partendo da versi vergati proprio dalla mano di Cliff, ha una parte centrale in cui James recita i versi di una breve poesia sul mistero dell'esistenza scritta dallo stesso bassista prima della sua triste fine. La conclusiva 'Dyers Eve' è un altro piccolo gioiello troppo spesso dimenticato: velocissima ed elettrizzante, riporta i Metallica al loro thrash più scoppiettante parlando di come un giovane uomo (probabilmente James) rinfacci ai bigotti genitori tutte le sofferenze che le loro imposizioni gli hanno creato credendo di proteggerlo ma in realtà isolandolo. Cruenta, cattiva, rapidissima: 'Dyers Eve' è la ciliegina finale sul disco, un suggello che ribadisce che la corona del thrash è ancora salda sulla capoccia di un combo che però, se vuole, sa spaccare il culo anche con canzoni non veloci.

...AND JUSTICE FOR ALL (1988). Nel 1988 esce il quarto album dei Metallica, 'And Justice For All'. Un altro grande lavoro per la band americana, che presenta così il nuovo bassista Jason Newsted. Il disco è il più tecnico sfornato dai Metallica: James tocca picchi di poliedricità e valore vocale elevatissimi, gli assoli melodici di chitarra innervano l'heavy-thrash potente della band, inasprito dall'incalzare della batteria: Lars culmina in un'evoluzione costante, che dal grezzo stile di Kill'em All lo ha portato a progressivi miglioramenti e irrobustimenti. Perla dell'opera è 'One', una canzone melodica che parla di guerra e diventa il primo videoclip della band. Tra le tante grandi canzoni spiccano la violenta e dura title track, il classico velocissimo 'Blackned' e le pesanti 'Shortest Straw' e 'Harvester Of Sorrow'. I Metallica continuano dunque a produrre grandi album, aggiornando il loro sound ma restando sempre fedelissimi alle sonorità che li caratterizzano e ne hanno fatto ormai da anni la maggior esponente mondiale dell'heavy metal. Le leggende sono loro.

TRACKLIST: BLACKNED: (oscurato) come per la canzone introduttiva dei due precedenti album, ad un inizio lento segue un'imponente e pesante accelerazione thrash; in Blackned, però, anche per l'introduzione vengono utilizzate chitarre elettriche e non classiche. La canzone è tra le più veloci del gruppo, anche se come spesso accade nella band è presente una parte più lenta nel mezzo. L'assolo di kirk Hammett è uno dei più cari ai fan. Il testo della canzone si riferisce alla distuzione della Terra, della razza umana e di una nuova era glaciale. Dal testo si può capire che tutto ciò è dovuto ad una guerra nucleare, anche se non è detto esplicitamente. ...AND JUSTICE FOR ALL (...e giustizia per tutti). Inizia con un arpeggio rilassato, nel quale col passare dei secondi si inserisce la batteria con maggior frequenza e insistenza: al culmine, come da consuetudine dei Metallica, la canzone "esplode" con riff pesanti e duri ritmi thrash. Si parla della giustizia ormai dimenticata dall'uomo e della corruzione del sistema. La song dura ben 9 minuti e 44 secondi. EYE OF THE BEHOLDER (occhio dello spettatore). Non è una canzone velocissima, ma ha un sound molto violento. Si parla dell'indipendenza nella libertà di scelta e di un sistema che sempre più spesso ci porta a scegliere ciò che vogliono gli altri. ONE (uno). Ballata inizialmente lenta e malinconica, splendida nella sua essenza e cruenta nell'incazzatura finale. Parla della disperazione di un uomo che, dopo aver perso braccia e gambe in guerra, è collegato a dei macchinari per vivere e non può né parlare né muoversi ("trapped in myself, body my holding cell"). E' stata ispirata da un film, tratto dal romanzo "E Jonny perse il fucile", scritto nel 1938 da Dalton Trumbo (antifascista e antimilitarista). One è stato il primo video della band, fatto questo che ha permesso ai Metallica di raggiungere frangie di pubblico più variegate. THE SHORTEST STRAW (il bastoncino più corto). E' ispirata al maccartismo e al destino di chi, nella vita, sembra destinato ad aggrapparsi ad avvenimenti e scelte casuali. Fa riferimento alla storia di Julius ed Ethel Rosenberg, condannati alla sedia elettrica negli anni della guerra fredda, accusati di essere spie sovietiche per la semplice ragione di essere simpatizzanti comunisti. La canzone ha ritmi serrati e un'aggressività ripetuta, quasi soffocante. HARVESTER OF SORROW (la falciatrice della sofferenza). Testo duro e serioso, ma molto ambiguo: alcuni pensano parli di un uomo che, drogato e alcolizzato, tortura i suoi cari prima di ucciderli; altri pensano si riferisca ad un rapporto difficile tra James e suo padre, mentre altri ancora parlano di una canzone incentrata su schiavitù, aborto e istigatori del male. Infine c'è chi pensa si tratti del genocidio degli ucraini ai tempi dell'URSS, quando i russi si appropiavano dei loro raccolti. THE FRAYED END OF SANITY (le estremità logore della ragionevolezza). La canzone inizia con ritmi truci e lugubri cori di sottofondo, prima di scatenarsi a ritmi follemente thrash. Splendido l'assolo di metà canzone. Il testo parla delle fobie della gente che si sente perseguitata da un sistema che, in effetti, utilizza proprio queste paure per muovere le teste. TO LIVE IS TO DIE (vivere è morire). Canzone strumentale dedicata al povero Cliff Burton. Sono presenti riff composti in passato dallo stesso Cliff. Sfiora i dieci minuti di durata, ha scenari vasti e molteplici, fantastiche sonorità. DYERS EVE (lavigilia del tintore). E' un mostro di violenza e velocità fenomenale, la canzone più battente ed elettrizzante dell'album. L'argomento lirico della canzone riguarda un giovane uomo che cerca di rassegnarsi, rabbioso, per come fu protetto e isolato dai genitori da bambino. Questo tema ha una pertinenza speciale per James Hetfield in quanto è noto per essere totalmente in disaccordo con la fede nella scienza cristiana dei genitori, per la sollecitazione che ha posto sulla loro famiglia quando Hetfield era un bambino.

MASTER OF PUPPETS
METALLICA [1986], THRASH METAL. Il 1986 è l'anno di grazia dell'heavy metal, genere all'apice della sua grandezza. I Metallica, il gruppo più rappresentativo, pubblicano il loro capolavoro, 'Master Of Puppets', regalando al mondo un monumento irreplicabile e immancabile nel cuore e nella collezione di ogni amante della musica rock e metal. E' anche un anno storto, per la band californiana: prima un paio di infortuni al braccio di James Hetfield, quindi la tragica morte dell'indimenticabile bassista Cliff Burton in Danimarca, durante il tour promozionale del disco. Ma i Metallica non sembrano fermarsi davanti a nulla, e così 'Master Of Puppets' passa alla leggenda senza fermarsi dalla storia. Il disco è un'enciclopedia concentrata di metallo rovente, un'opera completa e piena di sfaccettature lirico-musicali. 'Kill'Em All' aveva portato all'estremo il concetto di metallo, generando i riff elettrici e le sonorità battenti tipiche del thrash; 'Ride The Lightning' aveva introdotto maggior versatilità e poliedricità alle serrate ritmiche del predecessore: ora 'Master Of Puppets' andava a completare e suggellare l'evoluzione e la maturazione dei Metallica, che superano anche la loro stessa grandezza con otto canzoni assolutamente esaustive, piene, dense di significati, atmosfere, potenza fusa a funerea melodia. Passando dal thrash metal veloce e devastante all'heavy più potente e strutturato, attraverso le sue sfaccettature ora lievi e melodiche ed ora arcigne e trascinate, i Metallica dimostrano al mondo di possedere uno spettro sonoro ormai completo, tecnico e violentissimo. Otto tracce per sbattere in faccia alla gente una triste verità, cioè il controllo psicofisico che il sistema impone sulle persone, otto tracce per passare dalla furia più estrema ['Damage Inc.'] alla melodia più malinconica ['Welcome Home Sanitarium'], otto tracce che si sublimano nella title track. Un pezzo devastante sia per la cattiveria messa in spartito che per l'attacco frontale alla società che ci manovra come burattini. Brano di oltre otto minuti di durata, esprime a pieno il suono del quartetto, accogliendo in una volta e in rapida alternanza tempi veloci di batteria, ritmi sincopati e parentesi melodiche. 'Master' denuncia la schiavitù inconsapevole al sistema alla quale tutti siamo sottoposti. La società distrugge i tuoi sogni e promette solo falsità, e in questa canzone i riferimenti alla tossicodipendenza intesa come male da combattere sono palesi: il riff iniziale è sinistro e lascia percepire la galoppata all'inferno che la chitarra di Hammett e le urla di Hetfield stanno per innescare. La canzone spara subito cartucce feroci, prima di lanciarsi in una tristissima parte melodica strumentale di livello apocalittico, che tocca addirittura picchi di progressive. Il pezzo prosegue con un assolo da pelle d'oca, e riparte riservandoci le strofe finali, che con l'incedere diventano sempre più truci, incazzate, potenti. L'album tutto è un colossale compendio di heavy metal: James Hetfield e compagni lavorano sodo per ottenere un prodotto del genere, soffermandosi su ogni minimo dettaglio, ogni minimo incrocio di un plettro con una corda, ogni minimale impatto sulla batteria: ogni singola nota è studiata e analizzata con attenzione maniacale. Kirk Hammett lavora alla chitarra con passione e assiduità; Cliff Burton accresce sempre più la sua maestria col basso, mentre Lars Ulrich si dedica con frenesia quasi paranoica alla composizione perfetta delle parti dedicate alla sua batteria. Lo stesso James presenta un cantato più robusto, complesso e profondo. 'Battery' apre il massacro, introdotta quasi soavemente da 5 chitarre acustiche: poi si sguinzaglia in un thrash battente e veloce, incentrata sull'ira che può soffocare e stravolgere un uomo. Dopo la title track arriva una marcia funerea e cadenzata, 'The Thing That Should Not Be', che fa riferimento in parallelo alla dipendenza dalla droga e ad un racconto del solito ispiratore Lovercraft. Segue 'Welcome Home (Sanitarium)', una ballata lenta e malinconica alla Fade To Black, con tanto di finale rabbioso, parla dei tormenti di un soggetto rinchiuso in un ospedale psichiatrico, che sogna un'impossibile fuga dal mondo che lo circonda. Le due tracce successive, troppo spesso sottovalutate, sono altri due cazzotti straordinari: nella devastante 'Disposable Heroes' i Metallica narrano le contraddizioni delle guerre, creando l'atmosfera di un campo di battaglia con accelerazioni e cambi di tempo improvvisi; in 'Leper Messiah' attaccano duramente l'usanza americana dei predicatori religiosi, che per i loro spettacolini domenicali intascano offerte generose dai credenti più ingenui. Il tutto condito da crescente velocità e violenza. La superba 'Orion', strumentale scritta da Cliff Burton, è una composizione tecnica articolata in tre parti, con diversi cambi di ritmo e un sound coinvolgente. La conclusiva 'Damage Inc.' è una delle mitragliate più cruente del combo thrash. Parla di violenza e distruzione, e di come mafia e criminalità si infiltrino subdole e bastarde ad ogni livello della società. Dopo un inizio con giro di basso armonico, James sfoga una scarica elettrica di adrenalina a ritmi insostenibili, tra assoli, bordate batteristiche e potenza velocissima. E' l'ecatombe finale, che pone la parola fine ad un focolare di metallo che non smetterà mai di ardere in tutta la sua grandiosità!

MASTER OF PUPPETS (1986). IL 1986 è l'anno magico, l'anno in cui i Metallica pubblicano 'Master of Puppets', il loro capolavoro. L'album sconvolge l'universo metal, segna una data storica e rapisce milioni di metallari nel mondo. James Hetfield e compagni lavorano sodo per ottenere un prodotto del genere, soffermandosi su ogni minimo dettaglio, ogni minimo incrocio di un plettro con una corda, ogni minimale impatto sulla batteria: ogni singola nota è studiata e analizzata con attenzione maniacale. Kirk Hammett lavora alla chitarra con passione e assiduità; Cliff Burton accresce sempre più la sua maestria col basso, mentre Lars Ulrich si dedica con frenesia quasi paranoica alla composizione perfetta delle parti dedicate alla sua batteria. Il risultato è un album che è la sintesi perfetta del tutto: è energia, scarica adrenalinica, rabbia, tecnica, canzoni leggendarie, musiche favolose. Un album epocale, la cui title track diventa portabandiera di tutto il ramo musicale heavy. Master Of puppets è violento, forte, rapidissimo: da Battery a Welcome Home, fino al massacro della stupenda Damage, l'album è tutto un susseguirsi di assoli, un'esplosione d'ira e straordinaria capacità vocale, violenza e tecnica. Un'opera mastodontica, senza confini e senza tempo, che difficilmente troverà successori.
TRACKLIST: BATTERY (batteria). Introdotta da 5 chitarre acustiche, alle quali seguono le entrate di bassi e chitarre elettriche, si sviluppa a rapidità estrema nei classici riff thrash, mettendo in luce la potenza e l'abilità alla batteria di Lars. Si parla di come l'ira possa influire negativamente sui comportamenti umani, degenerando in violenza e aggressività a seguito di un torto subito. MASTER OF PUPPETS (Signore delle marionette). La title track, il capolavoro, la gemma. Questo brano di oltre otto minuti di durata esprime a pieno il suono del quartetto, accogliendo in una volta e in rapida alternanza tempi veloci di batteria, ritmi sincopati e parentesi melodiche. Il tema è ambiguo, potrebbe essere sia riferito al rapporto tra spacciatore e tossicodipendente, sia alla sudditanza della massa al potere, sia ispirata ai racconti fantastici di Lovercraft, che già ispirarono diversi lavori precedenti dei 4 di Frisco. La canzone è violenta e velocissima, trascinante nel suo ritmo coinvolgente. A metà traccia, Kirk Hammett ci delizia con un assolo stupendo, epocale, da pelle d'oca. Il più famoso di tutti, forse. Prima dell’assolo, Hetfield grida 'Oh Signore dei Burattini, dove sono i sogni che ho avuto? Mi hai solo mentito. Risate, tutte le cose che sento o vedo sono solo risate. Risate, risate, ridere dei miei pianti: manipolami ed entra nel mio corpo!ì. L’allora bassista Cliff Burton recitò il verso in sottofondo, con voce profonda e burbera. Dopo l'assolo, la canzone riprende dura e sempre più veloce e incalzante. E' di gran lunga la canzone più amata dai fan. THE THING THAT SHOULD NOT BE (la cosa che non dovrebbe esistere). A ritmi meno veloci e più ripetitivi, riprende i temi di 'Battery', sia per quanto riguarda le discussioni sulla droga che per i riferimenti ai racconti di Lovercraft. Batteria pesante e ritmata, velocità thrash meno marcata. WELCOME HOME-SANITARIUM (Benvenuto a casa-manicomio). Ha un inizio lento e cadenzato, molto melodico. Il ritmo acquisisce una velocità crescente, al pari con la durezza della composizione, che parla dei tormenti di un uomo rinchiuso in un ospedale psichiatrico. Il quale sogna un'impossibile fuga dal fottuto mondo che lo circonda. La canzone è accompagnata da note orecchiabili in apertura e strofe, riff potenti e un drumming tipicamente thrash in ritornelli e finale. DISPOSABLE HEROES (eroi da buttar via). Accelerazioni e cambi di tempo repentini cercano di rendere musicalmente l'atmosfera di un campo di battaglia: infatti i Metallica in questa song criticano le contraddizioni di tutte le guerre. LEPER MESSIAH (Messia lebbroso). Parte con dei solenni colpi di batteria, e anch'essa prende via via maggior velocità e violenza. Attacco aperto all'usanza americana dei predicatori religiosi, alle offerte generose che si prendono e ai loro spettacoli domenicali. ORION (Orione). Splendido brano, esclusivamente strumentale. Composto da Cliff Burton, il bassista che di li a poco perderà la vita in un incidente, il pezzo sarà suonato ai funerali dello stesso Burton. E' una composizione tecnica e complessa articolata in varie parti, cambi di ritmo e sound coinvolgente. DAMAGE INC. (Danni Spa). E' il brano più violento e aggressivo, veloce, trascinante della band. Splendida, semplicemente. Parla di violenza e distruzione: dopo un inizio con giro di basso armonico, James sfoga una scarica elettrica di adrenalina a ritmi insostenibili, tra assoli, esplosioni batteristiche e potenza velocissima.
RIDE THE LIGHTNING

RIDE THE LIGHTNING (1984). Il secondo album dei Metallica, Ride the lightning esce nel 1984 e, come il precedente 'Kill'Em All' si colloca presto nella schiera dei grandissimi album del genere thrash metal. L'album, che rispetto al predecessore si caratterizza per uno stile più aperto a nuovi sound,anche più melodici, si apre con l'aspra 'Fight Fire With Fire', seguita da due capolavori immortali come la title track e la solenne 'For Whom The Bell Tolls'. 'Fade To Black' è l'innovazione melodica, profonda e struggente. Dopo due pezzi di buon livello, arrivano i cazzottoni finali: 'Creeping Death', un super classico travolgente di stampo biblico, e la strumentale 'The Call Of Ktulu'. L'album è aggressivo e stratificato in un'escalation tecnica che passa dal rapidissimo sound thrash a composizioni più heavy ed elaborate, il tutto sempre all'insegna della melodia. Si può inoltre ritenerlo un 'concept', un viaggio all'interno di un universo funereo dove ogni song rappresenta una tipologia di morte secondo le paure diffuse nella società americana di inizio anni '80.
METALLICA [1984], THRASH METAL. La seconda grande fatica dei Metallica, datata 1984, è una truce panoramica sulla morte e sulle diverse forme attraverso le quali la società la somministra ai suoi consociati. Rispetto al suo predecessore 'Kill'Em All', 'Ride The Lightning' è un passo avanti nel percorso evolutivo del combo californiano, e si può considerare il primo capitolo di una trilogia che andrà a sviscerare a tavolino gli angoli più bui del sistema sociale americano. Se il disco d'esordio, considerato il vagito fondamentale del thrash metal, era caratterizzato da testi semplici e canzoni grezze e sanguinarie, 'Ride The Lightning' segna un passaggio ad un sound più complesso e articolato. Si passa dunque da pezzi tipicamente thrash, veloci e aggressivi, ad altri più melodici, ottenendo una visione più ampia delle capacità tecnico-compositive dei quattro cavalieri. L'introduttiva 'Fight Fire With Fire' è un pezzo d'acciaio rovente, in linea con le killer track di 'Kill'Em All': riff spezzati e velocissimi, drumming battente e vocalizzi furenti in quello che passa alla storia come la negazione del 'porgi l'altra guancia'. Questo pezzo rappresenta il manifestarsi della morte come vendetta tra gli uomini. Tuoni e fulmini introducono l'apocalittico riff della title track, che si delinea su attacchi isterici tessuti su un ritornello più melodico. Il messaggio centrale del pezzo ruota sulla storia di un uomo condannato alla sedia elettrica, e anche se i Metallica non svelano la loro posizione ideologica a riguardo, lasciano trasparire tutta la brutalità di tale estrema soluzione, che va a incarnare la seconda morte del concept: quella appunto per pena capitale. 'For Whom The Bell Tolls' svela per la prima volta una nuova faccia della band, più epica e cadenzata. La canzone, ispirata dall'omonimo romanzo di Ernest Hemingway, ha un ritmo funereo ed è la testimonianza della morte come unico e tragico risultato di ogni guerra. La successiva 'Fade To Black' è la prima ballata del thrash, un lento da brividi che parla di un uomo che ha perso tutta la voglia di vivere: è la morte giunta per autodistruzione. Buoni pezzi, anche se non certo imprescindibili, sono 'Trapped Under Ice' ed 'Escape', un inno alla libertà che è anche l'unico spiraglio di positivismo dell'album: una via di fuga non esiste, ma la creo con la forza di volontà. Il vero capolavoro del disco è la leggendaria 'Creeping Death', con le sue scariche elettriche iniziali, le sonorità orientali, la parte centrale con i suoi riff taglienti e l'atmosfera solenne, il ritmo trascinante del ritornello. E' ambientata nell'Egitto dei racconti biblici sulla schiavitù ebrea e le celebri sette piaghe, in quanto definizione prescelta per inquadrare la morte per volontà divina. 'The Call Of Ktulu', monumentale suite strumentale ispirata ai romanzi horror-fantasy dello scrittore Lovercraft, conclude con un tocco di maestria l'album. La prova dei quattro musicisti è complessivamente buona, con Hammett e Burton sugli scudi. Ancora primitiva e istintiva è la tecnica di Ulrich dietro le pelli, mentre Hetfield canta ancora con quel timbro graffiato dei primi anni. In conclusione si può osservare come 'Ride The Lightning' sia il perfetto anello di congiunzione tra ciò che i Metallica erano agli albori (thrash sporco e cattivo) e ciò che saranno nel cattedratico 'Master Of Puppets', il disco col quale supereranno anche loro stessi.
TRACKLIST: FIGHT FIRE WITH FIRE (combatti il fuoco con il fuoco): I Metallica parlano della diffusa paura, all'epoca, dello scoppio di una terza guerra mondiale, ma anche dell'irrazionalità tra gli uomini che porta alla loro autodistruzione. La canzone si apre con una chitarra acustica, presto soppiantata dai violenti riff di James, alla chitarra ritmica. Si percepisce un'influenza hardcore punk. RIDE THE LIGTHNING (cavalca il fulmine): il suono lontano di un tuono apre una serie acuta e aspra di riff chitarristici, rimandando alla morte imminente di un condannato alla sedia elettrica. Nella canzone vi sono riuscitissimi cambi di ritmo e un assolo grandioso di Kirk Hammett, uno dei suoi migliori. FOR WHOM THE BELL TOLLS (per chi suona la campana): introdotto da alcuni rintocchi di campana, il brano è solenne e possente. E' ispirato all'omonimo libro di hernest Hemingway, e racconta le gesta dei protagonisti di una guerra. L'introduzione cromatica, solitamente riconosciuta come suonata da una chitarra, è in relatà prodotta dal basso di Cliff Burton attraverso una distorsione. La sua versione live inizia solitamente con un assolo di basso in memoria di Cliff Burton ed è stata coverizzata da moltissime band. James canta solenne e autoritario una grande canzone, durissima e coinvolgente. FADE TO BLACK (dissolvenza nel buio): è un brano atipico, in quanto è una melodica ballata-la prima del genere thrash- interrotta solo nel ritornello da riff chitarristici più duri; l'ultimo blocco della canzone ricalca i ritmi classicamente aggressivi dei 4 cavalieri. In 7 minuti risaltano i pessimismi di un uomo che ha perso la voglia di vivere. Una leggenda metropolitana vuole che il clima cupo della canzone sia stato in parte influenzato dal recente furto dell'intera strumentazione della band. In particolare fu rubato un amplificatore raro, regalato a James poco prima della morte della madre. TRAPPED UNDER ICE (intrappolato sotto il ghiaccio): è ispirato ad alcuni esperimenti di criogenia. ESCAPE (fuga): 'la vita è mia per viverla a modo mio' diventa il grido di battaglia dei Metallica, e questa canzone è il manifesto della loro voglia di libertà. CREEPING DEATH (morte strisciante): parla di un episodio biblico, la strage dei primogeniti d'Egitto. Si odono echi orientaleggianti e la potenza dei riff chitarristici la fa da padrona. I Metallica ebbero l'ispirazione per il titolo durante la visione della seconda parte del film del 1956 di Charlton Heston, I Dieci Comandamenti, che raffigura l'episodio biblico in cui Dio scatena le celebri piaghe per colpire l'Egitto e agevolare la fuga di Mosè e del suo popolo. Pare che quando i quattro membri della band videro il film, nella scena in cui l'Angelo della Morte, raffigurato come una densa nebbia nera, viene inviato per uccidere il primogenito del faraone, Cliff Burton disse: 'Ehi, è come la morte strisciante!' A tutti piacque questa particolare espressione tanto che fu presa a titolo della canzone. THE CALL OF KTULU (il richiamo di Ktulu): brano strumentale ispirato ad un racconto di un famoso scrittore americano del primo novecento, Hovard Philippe Lovercraft. Inizio solenne presto incalzato da trascinanti cavalcate metalliche, che si dilungano in un pezzo lunghissimo e splendido per vastità e complessità.